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martedì 25 giugno 2013

IL PASSO



Si voltò e rimase di pietra, lui, unicorno leggendario della scuola di danza, perché il passo del maiale alato, non sapeva farlo.

Spinta indietro con la destra, e poi movimento di bacino con rotazione e solo alla fine slancio.
Mentre alzavo la mia gamba in alto più che potevo gli raddrizzavo quel nostro incontro quando, ad un mio semplice “ciao”, lui aveva risposto altrettanto semplicemente “Grasso maiale vincerò io!”.

“Ma vaffanculo tu e tuoi zeppetti da mezzo cavallo” gli stavo facendo ingoiare tutta la saliva prodotta per la creazione del mio passo dal mitologico effetto.

Erano mesi che mi esercitavo su quel movimento, alzata della gamba con slancio talmente repentino che mentre lo facevo gli accomodavo il suo sorrisetto monnalitico nell’intestino, accompagnato dal suo inutile superego direttamente attaccato al collo del piede, zoccolo compreso.

Io grasso maiale, d’improvviso leggero, potevo alzare la gamba e roteare il bacino meglio di un unicorno, acidi grassi emessi a litri solo per quell’infinito attimo di riscossa. 

Salto d’immensa divinità cinese.

D’un colpo con quel movimento proteso verso il cielo, gli scagliavo in faccia il macigno pesante che mi ero sentito dentro, mentre lui senza stringermi la mano, era riuscito ad ingrassare, con poche parole di cattiveria, il mio corpo.

La pietra di gomma che ero diventato gli rimbalzava ora davanti alla bocca spalancata e mentre alzavo in su il mio arto ultramotorio sentivo ancora le sue parole ma al contrario: “Oi òrecniv elaiam ossarg”, questa era la lingua traslitterata e trasmutata dai grandi dei olimpici verso le grosse divinità orientali; quella frase me l'ero ripetuta talmente tante volte che mentre sollevavo la gamba la potevo ridire dentro di me in mille modi, non solo al contrario, ma saltando le lettere una per una “Gas mil vneò o”, a due a due “Grsoiaviereo!” solo consonanti, solo vocali, eliminando le pari, le dispari, emulando solamente il suono od anche la sola sensazione lipidica.

Saltavo ed il tagliente filo spinato di cui lui sembrava essere fatto, dopo averlo circondato, gli entrava dall’ano per uscire poi dalla sua bocca ironica, facendo un suono stridulo che io potevo sentire dal centro del palco, e che oscurava finalmente il suo nitrito beffardo e voltava definitivamente il suo muso incornato in un angolo remoto d’inutile attesa .

Io, presunto suino perdente, in quell’attimo di poderoso slancio, dimostravo a me e a tutta la scuola di danza che non era una questione di materia ma di stile e che anche un grasso maiale, se ben equipaggiato di ali, poteva anche solo per una volta ed anche solo con una gamba, volare.



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